Franco Angeli (1935 – 1988)

Biografia

Franco Angeli, all’anagrafe Giuseppe Gennarini, prese il cognome della madre Erminia Angeli, e si accostò da autodidatta all’arte astratto-materica, sperimentando tecniche e materiali vari in una ricerca tesa a superare l’informale diventando poi parte della “Scuola di Piazza del Popolo” insieme a Mario Schifano e Tano Festa. Nato a Roma il 14 maggio 1935 in via dei Piceni nel quartiere di San Lorenzo, in una famiglia antifascista, per provvedere alla madre malata, dovette iniziare a lavorare già a nove anni: prima come magazziniere, poi in una carrozzeria e in una tappezzeria, dove apprese l’utilizzo dei tessuti, delle sagome e dei ritagli, che riporterà nelle sue opere. Agli impegni di quegli anni si sommava anche quello in una trasmissione radiofonica, dove cantava per gli Alleati.  Pur non avendo mai frequentato regolari studi d’arte, iniziò a dipingere già nel 1957, e nello stesso anno dovette partire per il servizio militare a Orvieto, e come ricorderà poi: «Quando una persona ha un malessere profondo deve cercare un modo per non essere più sola, deve in definitiva, trovarsi un interesse che l’accompagni per la vita». Tornato a Roma nel 1955 entra in contatto, presso la caserma Granatieri del quartiere Prati, con lo scultore Edgardo Mannucci, amico di Alberto Burri, che frequenterà fino al 1957, avvicinandosi così all’arte informale. Angeli rimase profondamente affascinato dall’opera di Alberto Burri, tanto da riprenderne la matericità consunta dei Catrami. Nella sua primissima produzione prende spunto dal ricordo del trauma vissuto la notte del bombardamento di San Lorenzo, il 19 luglio 1943 raccontando poi: «La materia per me è un frammento di questa enorme lacerazione che ha travolto l’Europa; i miei primi quadri erano così, come una ferita dalla quale togli dei pezzi di benda […] dove il sangue si è rappreso ma non è più una macchia rossa». I primi anni della sperimentazione pittorica furono segnati soprattutto dalla militanza nel Partito comunista: si inscrisse infatti da subito al Partito Comunista Italiano, conoscendo nella sezione di Campo Marzio, prima Tano Festa e, successivamente, Mario Schifano con i quali condivise l’esperienza ed il dramma della guerra. Nel 1959 espose le sue prime opere nella collettiva alla Galleria “La Salita” di Roma con Festa e Uncini e nell’autunno dello stesso anno comparse insieme ad Agostino Bonalumi, Jasper Johns, Yves Klein, Robert Rauschenberg e Mimmo Rotella sulla rivista «Azimuth», fondata da Piero Manzoni ed Enrico Castellani. Furono quelli gli anni in cui niziò a frequentare il bar Rosati dove allacciò significativi rapporti con Renato Guttuso, Pino Pascali, Jannis Kounellis, Fabio Mauri gruppo di artisti emergenti che il critico Ludovico pratesi definì così: “Erano giovani, belli, talentuosi e sulle tele dipingevano ad armi pari con la New York della Pop Art, dove Andy Warhol muoveva i primi passi per conquistare il mondo…ma il, mondo dell’arte li conosce come i ragazzi di piazza del Popolo, sostenuti da galleristi visionari come Plinio De Martiis e da collezionisti appassionati come Giorgio Franchetti“.

A partire dal 1960, anno in cui inaugurò la sua prima personale alla Galleria La Salita di Roma, le sue opere iniziarono ad essere caratterizzate da veli di pittura a olio e calze di nylon tese, ricoperte di garze e partecipò poi, sempre alla Salita, alla collettiva 5 pittori. Roma 60: Angeli, Festa, Lo Savio, Schifano, Uncini a cura di Pierre Restany. Vinse poi il Premio d’incoraggiamento ad artisti del Ministero della Pubblica Istruzione, partecipando come protagonista al primo cortometraggio di Mario Carbone, Inquietudine, nel quale illustrava la propria particolare tecnica pittorica. Nel 1962,  alla mostra “Nuove Prospettive della Pittura Italiana” presso la Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna,  presentò una serie di opere in cui iniziano a comparire le simbologie del potere, inizialmente svastiche, croci e mezzelune. In seguito dirà: «I miei primi quadri sono la testimonianza del contatto quotidiano con la strada. Vidi i Ruderi, le Lapidi, simboli antichi e moderni come l’Aquila, la Svastica, la Falce e Martello, obelischi, statue Lupe Romane, sprigionare l’energia sufficiente per affrontare l’avventura pittorica». La violenza degli accadimenti reali per Franco Angeli assumevano un’importanza centrale  nelle proprie opere, basti pensare alla serie dei Cimiteri dei primi anni sessanta, alle sequenze di croci bianche che rievocavano la potenza degli Schermi di Mauri e degli Achrome di Pietro Manzoni, con i quali era in stretto contatto. Angeli ritrasse i frammenti della storia, sembrava tenere traccia degli eventi contemporanei. Nel 1963 espose nella collettiva 13 pittori a Roma alla Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis con una poesia di Nanni Balestrini. Negli anni 1968-1970, partecipò al fermento politico ed artistico di quegli anni in particolare manifestando attivamente contro la Guerra del Vietnam. A Spoleto conobbe Marina Ripa di Meana con la quale ebbe una lunga e complicata relazione sentimentale. Quegli furono gli anni caratterizzati dagli abusi di alcool e droghe che fecero di lui e degli altri componenti della “Scuola di Piazza del Popolo” un gruppo di artisti “maledetti”.  Nel suo studio di via dei Prefetti a Roma ritrasse sé stesso in compagnia dei suoi amici Jannis Kounellis, Achille Bonito Oliva, il gallerista Pio de Martiis, il poeta Sandro Penna nonché di una giovanissima Isabella Rossellini: immagini che furono raccolte in una mostra curata da Carlo Ripa di Meana del 2011.  Nel gennaio 1969 andò per la prima volta negli Stati Uniti, dove espose nella collettiva Italian Art Show: Franco Angeli, Cesare Tacchi, Tano Festa and Lorri Whiting, allestita tra ottobre e novembre alla Contemporary Arts Gallery, Loeb Student Center di New York. Nel 1975 incontrò la sua compagna di vita, Livia Lancellotti, con la quale ebbe nel 1976 la figlia Maria. Nel 1978 partecipò alla Biennale di Venezia curata da Achille Bonito Oliva. Negli anni ottanta, Franco Angeli si dedicò maggiormente alla figurazione: capitelli, piazze deserte e “marionette”, quest’ultime interpretate come autoritratti. Iniziarono, infatti, a comparire nei suoi paesaggi «gli aeroplanini, infantilmente gioiosi, che portano la morte nel Vietnam», che sembravano richiamare i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Il tema della “marionetta”, frequente a partire dal 1984, è una sorta di autoritratto che sembra preludere alla fase finale della sua vita. Angeli, infatti, si spegne a Roma il 12 novembre 1988.